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“Si tratta di favorire uno sguardo degli adulti, genitori e non, sui “figli degli altri”, come mutua assunzione di responsabilità e cura dei bambini e dei ragazzi (genitorialità diffusa).”

Diventare genitori già non è semplice, ma lo deve esser ancor mano farlo per procura. Se ne dice e se ne legge a sufficienza e spesso emerge che non è né bello né facile.

Eppure.

La genitorialità naturale si giova in partenza di un momento esclusivo (ma non sempre) che è il concepimento, la gravidanza e la nascita, che indubbiamente danno una bella spinta iniziale alla propria carriera di genitore. Ma non basta: la genitorialità si struttura in itinere su una serie di apprendimenti, sulle pratiche di cura, accudimento, educazione che mutano di anno in anno, di fase in fase. Infatti le attente cure imparate per il neonato si rivelano del tutto incongrue con un treenne alla prese con la fase del no, e ancor meno con una dodicenne alle prese con la prima cotta.

Ma appunto questa carriera genitoriale si fonda sulla mutevolezza, “sull’arrendevolezza” che permette di capire il figlio che si ha accanto, adattando regole, comportamenti, cure; si appoggia sull’imparare ed insegnare che si fa di giorno in giorno, e di anno in anno.     Il genitore si trova così nella straordinaria esperienza di uno che in pochi anni accumula un grande sapere sull’educare. E siccome ognuno è  anche necessariamente figlio,  o comunque oggetto di cure genitoriali, il sapere che si possiede sull’educazione e sulla cura – ricevute come figlio – si saldano al proprio sapere maturato, come genitore.

Una scuola non da poco.

Questo bagaglio  negli anni diventa virtualmente sempre più spendibile nelle cure che può diventar necessario offrire (ma ritradotte) ai propri genitori invecchiati, o nell’insegnare ad un collega una parte del lavoro che andrà a fare.                              Senza per questo divenire il genitore del proprio padre o del proprio collega; si usa il sapere per incontrare, aiutare, trovare l’altro, e il proprio percorso formativo come genitore/figlio diventa risorsa e sapere, prassi e possibilità.

Il pegno da pagare è imparare a spendere quella conoscenza, senza dimenticarsene, senza svalutarla, senza immaginare che sia un tubetto di dentifrico svuotato; di fatti le pratiche educative, le azioni di cura e accudimento, così lungamente esperite, lasciano traccia.

Estrapolando dal contesto, trovo che l’idea di una genitorialità diffusa, sia una buona strategia per matrigne e patrigni, e come esplorare le proprie capacità di cura (ricevute come figli, e rinverdite come genitori) sia una possibilità per assumersi la responsabilità di aver cura del proprio territorio familiare (nuova famiglia), dei figli dell’altro/a, una cura di contiguità. Ho cura di ciò (o chi) che mi sta accanto, perchè io lì vivo, ci vivono anche i miei figli, ho cura di ciò perché ne sono capace, come figlio/a e/o come padre/madre. Posso farlo, senza derubricare il ruolo di qualcun altro, perché offro e uso una parte del mio sapere, una parte senza confusioni, così come non mi confondo quando ho cura di una amico/a, un genitore malato, un collega e posso (so) usare i vecchi strumenti del genitore …. una carezza, una attenzione, una incitazione.

“I bambini devono vivere con altri bambini e con altri adulti e noi ne siamo responsabili. Saremmo miopi se pensassimo di essere responsabili “in privato” solo del bene del nostro o dei nostri figli; noi siamo responsabili del contesto in cui i nostri figli vivono e quindi prendersi cura dei nostri figli significa anche prendersi cura del loro contesto.”

“In altre parole, la normalità biologica e sessuale, considerata fondante della famiglia, è stata investita, da un lato, dalla complessificazione sociale dei ruoli familiari, e dall’altro, dall’irruenza dei nuovi saperi delle tecnoscienze. I rapporti tra natura e cultura, esperienza e conoscenza, sono mutati drasticamente. Questo nuovo scenario psicobiologoco e relazionale della famiglia ha cambiato la distribuzione sociale delle responsabilità educative creando situazioni nuove di co-genitorialità e di co-educazione. È sorta di conseguenza una realtà, ancora poco studiata, di genitorialità diffusa, potenziale motore per la costruzione di una cittadinanza attiva e responsabile. […]. Ciò nonostante, come precisa Laura Fruggeri, la famiglia rimane, sul piano epistemologico, un concetto operativo efficace, come metafora dell’interdipendenza dei contesti di appartenenza dei singoli individui e, sul piano clinico, come protagonista in quanto co-autrice dei processi di cura. ” 

L. Mortari La pratica della cura - B. Mondadori ed.L. Mortari La pratica della cura – B. Mondadori ed.

Ma è difficile, ovviamente difficile, lo è anche per un genitore naturale, …. educare i figli propri, altrui o sociali nessuno lo insegna, non ci sono scuole o corsi; per quanto quelche offerta in più vi sia per  genitori naturali, o per coloro che hanno figli con bisogni speciali.

Forse occorre solo inventare qualche nuovo contenitore, capace di accogliere un sapere e una competenza che deve solo ricevere sicurezza, e valore per poter essere subito fruibile per genitori e “matrigne/patrigni” consapevoli di essere competenti …

__________________________ Linkografia

Laura Fruggeri – ppt I mutamenti delle famiglie: dinamiche interpersonali e processi sociali
Silvia Vegetti Finzi Genitorialità diffusa 
Pinuccia Fagandini Come crescono oggi i bambini tra tanti coetanei e adulti?